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Conta più il microbo o il terreno?

Ci sono momenti, nella storia dell’umanità, in cui sono state compiute scelte che hanno avuto conseguenze importanti non solo nell’epoca in cui sono avvenute, ma nella storia di tutti gli anni successivi. E sono più profonde di quanto immaginiamo.

Quella di cui ti voglio parlare in questo articolo riguarda il nostro benessere e avviene in pieno Ottocento proprio in ambito medico.

In questo periodo il mondo scientifico viene travolto dalle scoperte di Louis Pasteur (1822-1895), chimico e biologo francese al quale si attribuì la scoperta che ogni malattia che ci coinvolge è generata da un microrganismo che ci attacca.

Se da un lato è stato fondamentale per comprendere l’importanza della sterilizzazione in ambito chirurgico, dall’altro questo concetto ha condizionato profondamente il nostro modo di vedere, perché per i due secoli successivi, fino ad oggi, la medicina rincorre e combatte qualsiasi forma di microbo o causa esterna che ci possa, potenzialmente danneggiare.

Ad ogni insorgere di patologia il nostro sguardo volge immediatamente alla ricerca di una causa esterna, un virus o un batterio, così come un colpo d’aria, un movimento sbagliato, una infiammazione senza motivo, una sfortuna!

E facciamo così con tutto, con qualsiasi nostro problema personale: quando il lavoro non va bene è colpa del capo o della collega che ci infastidisce, in famiglia c’è tensione ed è colpa del partner o dei figli, i genitori non capiscono niente ed è per questo che non andiamo d’accordo con loro. C’è sempre un agente patogeno a cui dare la responsabilità del fatto.

Nello stesso periodo operava Claude Bernard (1813-1878), fisiologo francese contemporaneo di Pasteur la cui concezione era praticamente opposta. Pur non negando la presenza dei microrganismi potenzialmente patogeni, egli studiava la natura umana partendo dal concetto di “terreno”, dimostrando, dati alla mano, quanto fosse determinante lo stato del terreno nel favorire la proliferazione o meno degli agenti patogeni.

Lo sanno i contadini quando preparano il terreno per le coltivazioni: tanto più è fertile e in salute il terreno su cui piantano i semi, tanto più forti e sane cresceranno le piante.

Lo osserviamo anche noi nella quotidianità. Le mosche non vanno ovunque ma dove c’è il pattume che rilascia odori di degradazione. E così fanno microbi e batteri, si spostano dove trovano terreno fertile per crescere e moltiplicarsi.

Partendo dalle sue ricerche e proseguendo in questa direzione, Bernard proponeva che la medicina studiasse, prima ancora delle armi di distruzione batterica, quali potessero essere quelle condizioni favorevoli alla salute individuale, ovvero come costruire il terreno affinché gli agenti patogeni, pur arrivandoci, non trovino spazio per crescere.

E’ una concezione completamente opposta perché indirizza la ricerca sul soggetto sano e non sul malato.

Quali sono le condizioni di vita della persona in salute e armonia con sè stessa e il proprio corpo? Come mangia? Che abitudini ha? Che stile di vita conduce? Che vibrazioni emana? Che emozioni prova? Come supera i suoi traumi?

Capite quanto sarebbe differente la medicina se impostata su questi modelli ai quali ogni malato dovrebbe tendere, anziché bombardare il corpo avvelenandolo e drogandolo di chimica per sconfiggere minuscoli microrganismi?

La storia vuole, come avrete immaginato, che le teorie di Pasteur ebbero la meglio su quelle di Bernard e la scienza scelse in quel momento di seguire il primo modello.

Poco importa se in punto di morte Pasteur scrisse al collega

Mio caro Bernard, penso che abbiate ragione, il terreno è ben più importante del microbo, il terreno è tutto”.

Poco è importato. Ciò che rimane oggi è l’idea paradossale che l’uomo sia un essere vivente inserito in una natura che, pur essendogli madre e culla, lo attacca da tutti i fronti costringendolo a difendersi vaccinandosi, drogandosi, avvelenandosi per tutta la vita.

Così oggi ancora rifiutiamo l’idea che l’origine del problema non sia all’esterno, ma nella composizione del nostro terreno interno. Ancora siamo riluttanti a prendere veramente sul serio quanto è importante guardarsi dentro, prendersi cura del terreno, contattare frequenze di guarigione ed evoluzione personale, farsi carico del proprio benessere interiore favorendo l’amore, l’accettazione, la comprensione e la cura di sè stessi.

Ancora troppo spesso andiamo all’attacco dei  pompieri anziché occuparci dell’incendio che li ha chiamati.

Ed aspettiamo sempre che sia tardi. Aspettiamo che il dolore che proviamo dentro attraversi emozioni, pensieri, sentimenti, relazioni, le nostre esperienze ignorandolo fino a che non si manifesta, potente, nel corpo.

E solo a quel punti ci diciamo “forse qualcosa qui non va”.

Mi capita spesso nelle sedute di fisioterapia invitare i pazienti a svuotare il serbatoio emotivo con delle tecniche semplicissime che suggerisco. Specialmente se durante il colloquio emerge una situazione di conflitto emotivo che si sovrappone al sintomo lamentato nel corpo.

E alla domanda “Hai fatto il lavoro che ti ho proposto?” spesso la risposta è “Non ho avuto tempo” seguita da un ghigno il cui sottotitolo è “Cosa centra il conflitto con mia madre con il dolore alla mia spalla”. Eppure…

Troviamolo il tempo di guardarci dentro, di ripulire i conflitti emotivi, di sistemare il cuore e i suoi disagi, di volerci bene e volerne alla vita.

Troviamo il tempo di riconnetterci alla frequenza vibrante e potente del verde, della natura e del cuore.

Nonostante il prevalere di Pasteur su Bernard la scienza di oggi lo sa che il corpo si auto guarisce, ne ha evidenza scientifica e prove in tutto il mondo. Ci sono malattie, i tumori stessi, che originano dall’interno senza agenti patogeni. Così come tutti i problemi all’apparato muscolo scheletrico con cui ci svegliamo al mattino senza un motivo apparente e con i quali ho a che fare tutti i giorni.

Chiediamoci come sarebbe la ricerca del benessere se avessimo preso, come umanità, l’altra direzione in quel bivio. 

Chiediamoci se ci sarebbe terrore nei confronti della natura e i suoi microrganismi o spirito di cooperazione e conoscenza.

Chiediamoci se ci sveglieremmo ogni giorno sapendo che ci potrebbe capitare una cosa brutta o se ci sveglieremmo sapendo che qualunque cosa capiti al nostro corpo è un motivo di ricerca personale.

Chiediamocelo.

Quanto sarebbe diverso?

Lucia Primo
Lucia Primo
Sono una fisioterapista per il corpo e l'anima. Ti accompagno alla consapevolezza del tuo corpo attraverso l'ascolto la meditazione e il meraviglioso mondo del colore.

2 Comments

  1. Un articolo davvero denso di spunti per riflessioni profonde ed illuminanti.
    Lo condivido sulla pagina di Naturalentamente, dato che rispecchia in pieno anche il mio sentire e la mia visione del rapporto uomo-malattia-natura.
    Un abbraccio.

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